mercoledì 13 marzo 2013


UN SORSO DI BIRRA PER LE VERDI BRUGHIERE

Ilaria Roncarati III F 
Ultima chiamata per il passeggero Rinaldi sul volo 7052, in partenza tra 10 minuti per Francoforte”, furono queste le prime parole che sentii in aeroporto il 14 Luglio scorso e pensai: “ come può una persona riuscire a perdere un aereo?? E’ una di quelle cose che non concepisco…” Questi ed altri pensieri si affollavano nelle mia mente in quel momento.
Avvisiamo i gentili passeggeri che tra poco inizieranno le manovre di atterraggio per l’aeroporto di Dublino, il tempo è bello e la temperatura esterna è di 15 gradi. ” Guardai fuori dal finestrino e vidi solo una spessa coltre di nubi grigiastre. Ripensai subito alle parole del comandante e mi chiesi dove vedesse il cielo sereno. Solo dopo una settimana in Irlanda avrei capito che il loro “ bel tempo” significava semplicemente che quel giorno non sarebbe piovuto.
Ero felice di rivedere l’Irlanda, le centinaia di pecore con le zampe nere, le immense distese di prati verdi, di una tonalità di verde che esiste solo lì, e che, mio malgrado, non ho ritrovato altrove. Molti di voi, probabilmente, pensando all’Irlanda, pensano subito alla Guinness; io ero invece attratta dai ricordi di una natura autentica. La famosa birra scurissima, al primo assaggio, qualche anno fa, non mi aveva incantata, tuttavia in quelle due settimane ebbi decisamente il tempo di ricredermi.
Le mattinate trascorrevano a scuola in modo molto piatto, senza nulla di strabiliante, ma la vera giornata iniziava alle 16.30, con la corsa a prendere l’autobus numero 63 che portava nella cittadina vicina, o il 4, che portava a Dublino in soli 30 minuti, oppure, una volta persi entrambi, con lo scegliere se andare a piedi nella cittadina vicina oppure andare sulla costa. Passati i primi cinque giorni depredando i negozi cittadini e dopo aver riempito fino alla saturazione la valigia, decisi di andare sulla costa, che scoprii distante da casa mia solo 5 minuti di passeggiata. Così un pomeriggio mi incamminai giù per l’Alma Road e in fondo alla strada girai a destra, fino ad un cartello con una freccia che riportava la scritta “Sea Point Beach”. Attraversai la strada e scesi; poco dopo mi ritrovai di fronte una massiccia torre in pietra vista. In quel punto la strada si divideva in due viottoli, presi quello di sinistra e mi ritrovai in una piccola terrazza sul mare. Mi sedetti sul bordo roccioso e per alcuni minuti stetti lì a fissare l’acqua grigia dell’oceano.
Mentre ero persa nella contemplazione, alcune risate infantili attirarono la mia attenzione, mi voltai e con mio infinito stupore notai che le voci provenivano da bambini che stavano facendo il bagno. Sorrisi e guardai il mio abbigliamento, una felpa pesante e sopra un impermeabile; gettato uno sguardo al cielo plumbeo sopra di me, li guardai nuovamente: erano solo in costume da bagno. Decisi di bagnarmi i piedi, pensando che, se dei bambini facevano il bagno, i miei piedi avrebbero potuto resistere 5 minuti. Scesi sulla banchina che, in quella spiaggia, si trovava al posto del bagnasciuga, mi levai scarpe e calzini, mi tirai su i pantaloni e posai i piedi sulla sabbia, mi fermai, aspettai l’onda e, quando arrivò, provai una sensazione simile a quella di una doccia ghiacciata: rimasi immobile a fissarmi i piedi, gli occhi sbarrati, poi ritornai dalle mie scarpe prima che un’altra onda mi raggiungesse. Mi sedetti sulla banchina a leggere Hemingway, finché non si fece ora di andare verso casa.
Un altro momento, che aspettavo con impazienza, era la sera, quando si poteva optare se andare a Dublino o in qualche pub della zona; ma le serate migliori erano decisamente quelle che si trascorrevano in gruppo in spiaggia, con alcune lattine di Guinness in mano, seduti a fissare il lento salire della bassa marea, tra chiacchiere, molte risate e in sottofondo lo sferragliare di qualche treno.



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