Il meglio del peggio
Qualche band italiana che vale la pena conoscere
di Anna Viceconti
Questo articolo
nasce in risposta a tre fenomeni spiacevoli: il mio vicino di casa
che ascolta a ripetizione Ligabue, il Festival di Sanremo e la
classifica “i 100 migliori dischi italiani” pubblicata da Rolling
Stone Italia.
Sembra che tutte
queste persone- i 10 milioni di spettatori incollati a guardare la
farfallina di Belen, quei burloni dei critici musicali e il vicino-
abbiano spento la radio vent’anni fa e non l’abbiano più accesa.
Perché da metà degli anni ’80 in poi il Belpaese Sull’Orlo del
Burrone ha prodotto una serie di band eccezionali, che però hanno
circolato solo sul mercato underground per parecchio tempo. Non
possiamo più permetterci di fare gli alternativi e dichiarare con
candido snobismo che “la musica italiana fa tutta schifo”. Ecco
un piccolo riassunto del meglio che c’è stato dagli anni ’90 ad
oggi a riprova del fatto che, tra i cantautori del premio Tenco ed il
duetto Gigi d’Alessio- Loredana Benson Bertè, c’è di mezzo il
mare.
STORICI(1990-2000)
Nel resto del mondo
impazzavano i Nirvana, i Pearl Jam, i R.E.M.; l’Italia affogava
nella “Milano da bere”. E proprio a Milano nel 1997 esce il
secondo disco in italiano degli Afterhours,
che per molti anni avevano scritto e cantato in inglese. L’album si
intitola Hai
paura del buio?,
ed è un capolavoro sospeso tra il grunge e l’hard rock. Elementi
base: testi poetici e disincantati (Voglio
una pelle splendida
e la mitica Sui
giovani d’oggi ci scatarro su,
dedicata agli pseudo-alternativi-figli di papà che incontriamo tutti
i sabato ai Giardini Margherita), base ritmica potente (Male
di miele, Veleno),
la voce indimenticabile di Agnelli (Come
vorrei).
Nello stesso anno
esce Piccolo
intervento a vivo,
il primo disco dei Tre
Allegri Ragazzi Morti capitanati
dal fumettista Davide Toffolo. Al contrario degli Afterhours i TARM
non pagano tributo a nessuna band grunge, anzi si distaccano dalla
tradizione precedente rendendosi impermeabili ad ogni
generalizzazione. L’album contiene alcuni pezzi fondamentali
(Hollywood
come Roma, Alice in città)
e un elemento che si definirà meglio nella canzone Mai
come voi del
’99: il disagio. Se gli Afterhours colgono l’ipocrisia borghese
delle grandi città, Toffolo e compagni sono i primi a descrivere con
affetto e realismo l’adolescenza, la ferita non rimarginabile tra
padri e figli, la ricerca di identità. Altri pezzi da ascoltare
obbligatoriamente: Il
mondo prima, Ogni adolescenza, Prova a star con me un altro inverno a
Pordenone, La poesia e la merce, La ballata delle ossa.
RECENTI(2000-2010)
Qui abbiamo
veramente l’imbarazzo della scelta. Nel 2002 proprio a Bologna si
formano i Marta
sui Tubi,
degni eredi degli Afterhours ma con qualche elemento rock in più (
l’originalità aritmica di Perché
non pesi niente
e di Cinestetica).
I Marta recuperano il meglio del rock passato (il blues di Vecchi
difetti),
ma anche le loro radici siciliane (il ritmo da tarantella di Di
Vino).
E sempre dalla Sicilia sbocciano i Pan
del Diavolo,
che pubblicano i loro ep con La Tempesta, la casa discografica
indipendente fondata dai Tre Allegri Ragazzi Morti. I Pan del Diavolo
sono taranta in versione rock, con una potenza vocale e melodica
veramente notevole (ascoltatevi Coltiverò
l’ortica, Il Boom, Pertanto
e la nuova Farò
cadere lei).
Ma la rinascita
passa anche e sempre per il Nord: sono di Genova gli Ex-Otago,
che nel 2003 pubblicano The
Chestnuts Times riscoprendo
una cosa chiamata pop. Le canzoni più belle sono però contenute
nell’ultimo album, Mezze
Stagioni:
da Una
vita col riporto
a Figli
degli hamburger
i testi presentano una nazione provinciale ed insoddisfatta, chiusa
in desideri infantili e frustrati. E se quest’ultima frase già vi
fa venire la depressione allora rinunciate ad ascoltare i belli,
incazzatissimi e musicalmente estranianti Ministri:
tutto il disagio sociale che respiriamo in questi anni è un nervo a
fior di pelle per questi ragazzini milanesi, che si sfogano negli
album I
soldi sono finiti, Tempi Bui e
Fuori.
Rimangono impressi nel cervello i versi di Noi
Fuori:
Noi
fuori dai campi dell’orgoglio e dall’ansia di medaglie/Noi fuori
siamo l’acqua sprecata ai confini dei deserti/Fuori dai cortei,
dalla burocrazia, fuori dalle fabbriche e dai musei/E’ dall’alto
che ci sparpagliano, è là in alto che inventano il pericolo/Noi
fuori dalle radio, dai minuti di silenzio,/dai conteggi, dal
consenso, dai sondaggi, dalle scuole di nostro signore,/dalle aiuole,
dai cantieri/Noi fuori non sappiamo cosa fare.
Brividi.
FRESCHISSIMI
(2011-work
in progress):
Continuando sulla
scia del pop i deliziosi Eva
mon amour,
che hanno attirato l’attenzione del pubblico solo nel 2011 con il
disco La
malattia dei numeri:
siamo lontani dal rock dei Marta sui Tubi e più vicini a quegli
scoppiati delle Luci della centrale elettrica. E’ iniziata l’epoca
dei versi lunghissimi e della completa disillusione, e questa band di
Velletri riesce comunque a mantenere l’equilibrio perfetto tra
parole e melodia; vedi le canzoni Prometto,
Il giorno dopo, Tutto quello che vuoi e
la bellissima La
tua rivoluzione.
Ma a mio parere il meglio deve ancora venire e arriva con L’orso,
duo creato da Mattia Barro e Tommaso Spinelli. I ragazzi hanno
pubblicato due ep (L’adolescente
e
La
Provincia)
prima autoprodotti, poi
attraverso
l’etichetta indipendente Garrincha Dischi. Non c’è la rabbia
degli anni precedenti ma una consapevolezza molto più profonda della
situazione in cui stiamo sprofondando (di
cosa vuoi che ti parli che ho poco più di vent'anni?/se alle crisi
mondiali preferisco i tuoi sguardi/se ho appena iniziato la mia
carriera da precario/e non avrò mai te o la mia amata pensione),
e soprattutto c’è una grande inventiva dal punto di vista musicale
(la tromba grandiosa in Invitami
per un tè,
il parlato di Per
quanto lontano abiti).
La chicca finale
arriva da Bologna, e si chiama Lo
stato sociale.
Non sono il solito gruppetto elettronico del cazzo, voci fredde e
testi banali: sono un’esplosione elettro-pop di ironia ( Magari
non è gay ma è aperto, Sono così indie)
e di malcontento (mi
sono rotto il cazzo che non sono d’accordo con te/ma morirei
affinchè tu possa dire la tua stronzata/che poi i nazisti sono
giovani che amano la politica/i comunisti prendono a modello Cristo e
i preti contestualizzano bestemmie, dalla
spassosa Mi
sono rotto il cazzo).
Ascoltatevi anche Amore
ai tempi dell’Ikea
e Abbiamo
vinto la guerra,
scritta in era Berlusconi e che suona come una profezia.
La cosa più
sorprendente? Cercando materiale per l’articolo ero arrivata ad una
ventina di band, ho dovuto eliminarne più della metà per mere
ragioni di spazio. Rimangono fuori i più noti Baustelle e Marlene
Kuntz, il Teatro degli Orrori, gli Zen Circus, i Cani…la buona
musica italiana esiste, l’importante è non smettere di cercarla;
perché, come sempre succede in Italia, il talento viene nascosto e
non valorizzato. Quindi ascoltate e diffondete!
P.S.:
forse lo stesso ragionamento si applica in tutti i campi. Forse
troviamo dieci autisti di autobus che fanno arrivare i mezzi in
orario, dieci vigili che fanno le multe ai Suv in doppia fila, dieci
politici assolutamente onesti. Forse dobbiamo solo cercare.
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