sabato 16 marzo 2013

Musica


Il meglio del peggio

Qualche band italiana che vale la pena conoscere

di Anna Viceconti


Questo articolo nasce in risposta a tre fenomeni spiacevoli: il mio vicino di casa che ascolta a ripetizione Ligabue, il Festival di Sanremo e la classifica “i 100 migliori dischi italiani” pubblicata da Rolling Stone Italia.
Sembra che tutte queste persone- i 10 milioni di spettatori incollati a guardare la farfallina di Belen, quei burloni dei critici musicali e il vicino- abbiano spento la radio vent’anni fa e non l’abbiano più accesa. Perché da metà degli anni ’80 in poi il Belpaese Sull’Orlo del Burrone ha prodotto una serie di band eccezionali, che però hanno circolato solo sul mercato underground per parecchio tempo. Non possiamo più permetterci di fare gli alternativi e dichiarare con candido snobismo che “la musica italiana fa tutta schifo”. Ecco un piccolo riassunto del meglio che c’è stato dagli anni ’90 ad oggi a riprova del fatto che, tra i cantautori del premio Tenco ed il duetto Gigi d’Alessio- Loredana Benson Bertè, c’è di mezzo il mare.

STORICI(1990-2000)
Nel resto del mondo impazzavano i Nirvana, i Pearl Jam, i R.E.M.; l’Italia affogava nella “Milano da bere”. E proprio a Milano nel 1997 esce il secondo disco in italiano degli Afterhours, che per molti anni avevano scritto e cantato in inglese. L’album si intitola Hai paura del buio?, ed è un capolavoro sospeso tra il grunge e l’hard rock. Elementi base: testi poetici e disincantati (Voglio una pelle splendida e la mitica Sui giovani d’oggi ci scatarro su, dedicata agli pseudo-alternativi-figli di papà che incontriamo tutti i sabato ai Giardini Margherita), base ritmica potente (Male di miele, Veleno), la voce indimenticabile di Agnelli (Come vorrei).
Nello stesso anno esce Piccolo intervento a vivo, il primo disco dei Tre Allegri Ragazzi Morti capitanati dal fumettista Davide Toffolo. Al contrario degli Afterhours i TARM non pagano tributo a nessuna band grunge, anzi si distaccano dalla tradizione precedente rendendosi impermeabili ad ogni generalizzazione. L’album contiene alcuni pezzi fondamentali (Hollywood come Roma, Alice in città) e un elemento che si definirà meglio nella canzone Mai come voi del ’99: il disagio. Se gli Afterhours colgono l’ipocrisia borghese delle grandi città, Toffolo e compagni sono i primi a descrivere con affetto e realismo l’adolescenza, la ferita non rimarginabile tra padri e figli, la ricerca di identità. Altri pezzi da ascoltare obbligatoriamente: Il mondo prima, Ogni adolescenza, Prova a star con me un altro inverno a Pordenone, La poesia e la merce, La ballata delle ossa.
RECENTI(2000-2010)
Qui abbiamo veramente l’imbarazzo della scelta. Nel 2002 proprio a Bologna si formano i Marta sui Tubi, degni eredi degli Afterhours ma con qualche elemento rock in più ( l’originalità aritmica di Perché non pesi niente e di Cinestetica). I Marta recuperano il meglio del rock passato (il blues di Vecchi difetti), ma anche le loro radici siciliane (il ritmo da tarantella di Di Vino). E sempre dalla Sicilia sbocciano i Pan del Diavolo, che pubblicano i loro ep con La Tempesta, la casa discografica indipendente fondata dai Tre Allegri Ragazzi Morti. I Pan del Diavolo sono taranta in versione rock, con una potenza vocale e melodica veramente notevole (ascoltatevi Coltiverò l’ortica, Il Boom, Pertanto e la nuova Farò cadere lei).
Ma la rinascita passa anche e sempre per il Nord: sono di Genova gli Ex-Otago, che nel 2003 pubblicano The Chestnuts Times riscoprendo una cosa chiamata pop. Le canzoni più belle sono però contenute nell’ultimo album, Mezze Stagioni: da Una vita col riporto a Figli degli hamburger i testi presentano una nazione provinciale ed insoddisfatta, chiusa in desideri infantili e frustrati. E se quest’ultima frase già vi fa venire la depressione allora rinunciate ad ascoltare i belli, incazzatissimi e musicalmente estranianti Ministri: tutto il disagio sociale che respiriamo in questi anni è un nervo a fior di pelle per questi ragazzini milanesi, che si sfogano negli album I soldi sono finiti, Tempi Bui e Fuori. Rimangono impressi nel cervello i versi di Noi Fuori: Noi fuori dai campi dell’orgoglio e dall’ansia di medaglie/Noi fuori siamo l’acqua sprecata ai confini dei deserti/Fuori dai cortei, dalla burocrazia, fuori dalle fabbriche e dai musei/E’ dall’alto che ci sparpagliano, è là in alto che inventano il pericolo/Noi fuori dalle radio, dai minuti di silenzio,/dai conteggi, dal consenso, dai sondaggi, dalle scuole di nostro signore,/dalle aiuole, dai cantieri/Noi fuori non sappiamo cosa fare. Brividi.
FRESCHISSIMI (2011-work in progress):
Continuando sulla scia del pop i deliziosi Eva mon amour, che hanno attirato l’attenzione del pubblico solo nel 2011 con il disco La malattia dei numeri: siamo lontani dal rock dei Marta sui Tubi e più vicini a quegli scoppiati delle Luci della centrale elettrica. E’ iniziata l’epoca dei versi lunghissimi e della completa disillusione, e questa band di Velletri riesce comunque a mantenere l’equilibrio perfetto tra parole e melodia; vedi le canzoni Prometto, Il giorno dopo, Tutto quello che vuoi e la bellissima La tua rivoluzione. Ma a mio parere il meglio deve ancora venire e arriva con L’orso, duo creato da Mattia Barro e Tommaso Spinelli. I ragazzi hanno pubblicato due ep (L’adolescente e La Provincia) prima autoprodotti, poi attraverso l’etichetta indipendente Garrincha Dischi. Non c’è la rabbia degli anni precedenti ma una consapevolezza molto più profonda della situazione in cui stiamo sprofondando (di cosa vuoi che ti parli che ho poco più di vent'anni?/se alle crisi mondiali preferisco i tuoi sguardi/se ho appena iniziato la mia carriera da precario/e non avrò mai te o la mia amata pensione), e soprattutto c’è una grande inventiva dal punto di vista musicale (la tromba grandiosa in Invitami per un tè, il parlato di Per quanto lontano abiti).
La chicca finale arriva da Bologna, e si chiama Lo stato sociale. Non sono il solito gruppetto elettronico del cazzo, voci fredde e testi banali: sono un’esplosione elettro-pop di ironia ( Magari non è gay ma è aperto, Sono così indie) e di malcontento (mi sono rotto il cazzo che non sono d’accordo con te/ma morirei affinchè tu possa dire la tua stronzata/che poi i nazisti sono giovani che amano la politica/i comunisti prendono a modello Cristo e i preti contestualizzano bestemmie, dalla spassosa Mi sono rotto il cazzo). Ascoltatevi anche Amore ai tempi dell’Ikea e Abbiamo vinto la guerra, scritta in era Berlusconi e che suona come una profezia.

La cosa più sorprendente? Cercando materiale per l’articolo ero arrivata ad una ventina di band, ho dovuto eliminarne più della metà per mere ragioni di spazio. Rimangono fuori i più noti Baustelle e Marlene Kuntz, il Teatro degli Orrori, gli Zen Circus, i Cani…la buona musica italiana esiste, l’importante è non smettere di cercarla; perché, come sempre succede in Italia, il talento viene nascosto e non valorizzato. Quindi ascoltate e diffondete!

P.S.: forse lo stesso ragionamento si applica in tutti i campi. Forse troviamo dieci autisti di autobus che fanno arrivare i mezzi in orario, dieci vigili che fanno le multe ai Suv in doppia fila, dieci politici assolutamente onesti. Forse dobbiamo solo cercare.

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