martedì 12 marzo 2013

Grand Canyon - Tramonto

Grand Canyon                                
Tramonto
Micol Damiani, 5N

Sono seduta su una roccia, lontana dal vociare della miriade di turisti preoccupati solamente di immortalare questo momento per mostrarlo orgoglioso agli amici.
Sono sola, circondata dall’aria della sera, ancora carica di umidità, e cerco di riempirmi, respirando, del canto dei grilli e dell’aroma di piante e bosco e terra.
Lembi di nebbia in lontananza accarezzano le pareti del canyon, dello stesso viola delle nuvole e del cielo.
La notte, come una coperta, scende sulle rocce e sul fiume, e la pace e la calma si fanno quasi palpabili. Il tempo sembra dilatarsi mentre il sole, una pigra sfera infuocata, sparisce dietro alle montagne. Il mondo tira un respiro, come se la frenesia del giorno stesse lasciando il posto ai ritmi più tranquilli della notte, quando tutto riposa.
Pace.
Ogni animale, ogni pianta, ogni nuvola e ogni roccia trova il proprio posto, mentre il fiume, nelle profondità della gola, scorre, pacato.
La calma scende anche su di me, che mi fondo col paesaggio diventandone parte, non più come un’intrusa, ma come sua abitante. Come se anche io avessi trovato il mio posto, io così piccola e insignificante, tra queste rocce millenarie e impassibili e grandi.
Mi disfo della mia individualità, mi svesto della mia presunzione e divento un umile granello di mondo.
Prendo il respiro, lo trattengo e poi lo lascio andare, tranquillo.
Questi spazi sconfinati mi fanno stare bene, mi rassicurano.
Questo West ancora selvaggio, con le sue pianure immense, coi i suoi paesaggi vuoti che si perdono nell’orizzonte, mi calma.
Queste rocce che hanno osservato tantissimi uomini tentare di espugnarle e magari morire tentandolo, rimanendo immobili nella loro quieta grandezza, mi accolgono.
Perché è come se questa vastità, così ancora meravigliosamente priva di uomini, di città, di fretta e aspettative, mi stesse sussurrando che, in fondo, nel mondo c’è posto anche per me.
Anche per me. 

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