150 anni di vita
di Filippo Socini
Giori “Con le premesse di Marinetti
avreste potuto addirittura prevedere la Grande Guerra…”
Salati “Che infatti non tardò ad
arrivare. L’Italia, grazie anche alla spinta di queste correnti
interventiste e si ritrovò invischiata in una guerra che fece sedici
milioni di vittime. E dallo scontento per gli esiti della guerra
nacque qualcosa di ancora più atroce: il Nazionalsocialismo in
Germania ed il Fascismo in Italia.”
Giori “Eh, Francesco, la storia è un
intricato nesso di cause ed effetti talvolta incomprensibili: da una
monarchia è nata una guerra, da una guerra è nata una dittatura, e
da una dittatura è nata un’altra guerra, la Seconda.”
Salati “Erano i tempi dei miei nonni,
che durante il Ventennio si trovarono in una posizione di forti
pressioni; la testata giornalistica di proprietà delle Edizioni
Salati tentava di mantenere una certa imparzialità dal punto di
vista politico, ma l’imparzialità non era ammessa dal Regime, che
esigeva totale e disinteressata devozione. Così per ogni notizia che
riguardasse anche solo lontanamente l’aspetto politico arrivavano
le veline da Roma, da cui non ci si poteva distaccare minimamente. I
Salati persero ogni ruolo decisionale, e le funzioni all’interno
del giornale furono imposte direttamente da Palazzo Venezia;
qualsiasi articolo passava sotto un’attenta analisi da parte del
Minculpop e la propaganda del Partito invadeva tutti canali
mediatici. Alla fine della guerra i Salati riottennero piena
giurisdizione sulle loro proprietà editoriali e appoggiarono le idee
repubblicane. Fortunatamente dodici milioni di Italiani votarono per
la Repubblica, contro i dieci che avrebbero preferito Umberto II come
Re d’Italia. E il 6 Giugno 1946 il giornale di famiglia titolò:
“L’Italia è Repubblica: Umberto lascia il potere a De Gasperi”.
Giori “E così, a quasi cent’anni
dalla fine della dominazione borbonico/asburgica in Italia, ci fu il
secondo Risorgimento italiano. Ora, senza arrivare ai limiti del
nuovo dilagante revisionismo, mi sento in dovere di notare che non
tutto era andato come doveva andare: potrebbe qualcuno gioire per gli
avvenimenti di piazzale Loreto? O per le stragi compiute nei
confronti dei fascisti nei giorni fra il 25 aprile e il 3 maggio
1945?
Salati “Hai ragione, Carlo, ma temo
che nella tua valutazione si nasconda il rimpianto per la fine della
monarchia più che per il sangue versato… perchè da Conti di
Collemartire diventaste semplicemente i signori Giori... Per noi
imprenditori invece, grazie al successivo boom economico, si
prospettava un periodo fortunato. La nostra produzione si ampliò
molto: quotidiani, riviste, libri d’arte e un’enciclopedia che
fece la nostra fortuna. Dopo la fine degli anni ’50 chiunque poteva
permettersi di avere in soggiorno l’Enciclopedia Salati. Ma la
calma non era destinata a durare a lungo: nel 1968 un sentimento
rivoluzionario stava nascendo; inizialmente aveva uno scopo di
rinnovamento sociale, ma in pochi anni si sarebbe trasformato in un
nuovo Ventennio di terrore. Infatti dopo la fine della Guerra le
ideologie erano rimaste in incubazione per due decenni, e solo ora
riprendevano vita con più vigore che mai, nella loro forma più
spregevole: il terrorismo. Dopo l’omicidio di Aldo Moro e ancora di
più dopo quello di Walter Tobagi, la paura cresceva e i miei zii
decisero di dare totale libertà ai nostri giornalisti di scrivere o
no a proposito di politica, per salvare le loro famiglie dalla
polvere da sparo e dal piombo.”
Giori “Poi, lentamente, l’integralismo
andò attenuandosi, e anche attraverso Mani Pulite ci si avviò verso
un nuovo momento storico, nel quale tutti riposero grandi
aspettative: da lì nacque la Seconda Repubblica, in cui ancora oggi
ci troviamo.”
Salati “E nonostante l’apparente
aria nuova, il nostro giornale continua ad essere pieno di notizie
che indignerebbero chiunque non sia italiano. Siamo arrivati al 2011,
ancora interi nonostante i tentativi disgreganti e secessionisti di
molti, e in fondo credo di sentire quel sentimento di appartenenza in
cui tanti uomini avevano creduto un secolo e mezzo fa. Ora però
siamo arrivati ad un punto in cui dobbiamo metterci in gioco e saper
trarre dalla storia gli insegnamenti che ci aiuteranno a non ricadere
più nella divisione, nella dittatura e nel terrorismo, nelle
ideologie estreme. Grazie a quello che noi sapremo trasmettere ai
nostri figli del nostro passato, loro potranno portare avanti il
tentativo di far comprendere a tutti il senso di questa lingua di
terra che ha regalato al mondo tutto ciò che di più bello esiste,
ma che non si è ancora accorta della propria grandezza. Il tuo
antenato liberale tentò l’impresa, ci provarono i miei bisnonni
con le industrie cartarie e poi con l’editoria, e un po’ alla
volta stiamo ottenendo ciò che aveva augurato Massimo D’Azeglio
quando disse: ‘Abbiamo fatto l'Italia ora dobbiamo fare gli
italiani’. L’Opera è quasi riuscita”
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