mercoledì 13 marzo 2013

                                 Il ritorno di B-Roy

di Cosimo Sarti


Poco meno di un anno fa, il ventisettenne Brandon Roy, giocatore simbolo dei Portland Trailblazers e All-Star affermato in NBA, annunciava così il suo ritiro per ragioni mediche:”La mia famiglia e la mia salute sono la cosa più importante per me, amo questo gioco ma dopo essermi consultato con i dottori ho deciso di ritirarmi”. La “ragione medica” consiste nella totale mancanza della cartilagine fra le ossa di entrambe le ginocchia, problema che non è stato possibile risolvere neanche con i numerosi interventi a cui il giocatore si è sottoposto nel corso degli anni. Il ritiro era ormai inevitabile, da Dicembre 2010 Roy non giocava praticamente più, ridotto ad un ruolo di riserva fra un'operazione e l'altra. Eppure, in uno di quei momenti in cui un grende sportivo riesce a immaginare e portare a compimento imprese che altri non hanno nemmeno il coraggio di pensare, quei momenti in cui tutto sembra perduto da cui solo i campioni riescono a uscire vittoriosi, Brandon Roy aveva giocato come il vero Brandon Roy, proprio nell'ultima partita davanti ai suoi tifosi. I Mavs, che avrebbero poi vinto quel campionato, stavano battendo facilmente e sonoramente i Blazers nel primo round di playoff, quando il sogno dei presenti al Rose Garden divenne realtà davanti ai loro occhi: B-Roy, “The Natural” per la gente di Portland, si stava mettendo la squadra sulle spalle per l'ultima volta, e, con 18 punti e il canestro del vantaggio definitivo a mezzo minuto dalla fine, la conduceva ad un'insperata vittoria. Si trattava tuttavia di un episodio isolato, quindi arrivò comunque l'annuncio del ritiro a pochi giorni dall'inizio della nuova stagione. Roy quel giorno disse che non avrebbe rinunciato a poter giocare con i suoi figli a causa del basket, che aveva completamente distrutto le sue fragili ginocchia.
Nonostante tutto, “The Natural” è da qualche settimana un giocatore dei Minnesota Timberwolves, e, avendo firmato un contratto al minimo stipendio NBA, tornerà a giocare dalla stagione 2012-2013. Non si può non ammirare il coraggio di che crede che giocare gli farà più bene di quanto le sue ginocchia non possano fargli male ad ogni salto e ad ogni scatto, di chi è disposto a mettere a repentaglio addirittura la possibilità di camminare in futuro per non abbandonare il suo sogno. I grandi atleti si distinguono in questo rispetto agli altri: non sanno vivere senza giocare, vanno contro a ogni logica per poter sfogare il loro talento, non riescono a fare a meno di voler dimostrare al mondo di essere i più forti, qualunque cosa succeda. Come disse Rudy Tomjanovich dopo aver vinto il suo secondo titolo consecutivo da allenatore dei Rockets nel '95, “don't ever underestimate the heart of a champion”, mai sottovalutare il cuore di un campione.


Per un campione che ritorna ce n'è uno che abbandona: oggi, 4/10/2012, Michael Schumacher, il miglior pilota di F1 di tutti i tempi, annuncia il suo ritiro definitivo dalle corse all'età di 43 anni. Il prossimo articolo sarà su di lui, per questo numero non ho avuto il tempo materiale, però la sua carriera merita di essere ricordata.

Nessun commento:

Posta un commento