L'uomo sale sul carro vincitore del libero arbitrio
Daniele Grillo
Se scrivessero un libro intitolato “ Le cento domande essenziali che l’uomo si pone” , nella prima pagina troveremmo sicuramente un quesito essenziale: “ L’uomo è libero di scegliere? La libertà si può configurare come libero arbitrio?”, ma la risposta si troverebbe solamente alla fine delle “cento domande” proposte.
Per poter esporre un legittimo parere, bisogna assolutamente confrontare il concetto di Libertà umana durante il Medioevo e quello durante l’umanesimo, analizzando il cambiamento del pensiero in questi secoli.
Quando il concetto di “Cristianitas” si andava diffondendo in Europa, i grandi padri della chiesa, si interrogavano su quale libertà avesse concesso Dio all’uomo e, primo fra tutti, Sant’Agostino provò, nelle sue “ Confessioni”, a interrogarsi su questo quesito. Egli credeva che il Signore potesse compiere solo il bene, quindi, il fondamento ontologico della realtà diveniva il bene, che si configurava con Dio stesso e difatti egli creò il mondo per amore dell’uomo. Gli concesse uno dei più grandi doni, la libertà, che, però, non è il libero arbitrio di scegliere se compiere il bene o il male, in quanto Dio ha concepito l’uomo “ A sua immagine e somiglianza” proprio per pensare il bene. La libertà umana, secondo Agostino, consiste nel mantenersi nella rettitudine della volontà per amore della volontà stessa, in quanto essa è libera, retta e operante a fin di bene. Ma allora perché l’uomo compie il male? Ciò significa che egli può andare oltre quella libertà concessa da Dio e trasformarla in libero arbitrio? Assolutamente no: il male in Sant’Agostino diventa un non-essere, in quanto Dio non può operare il male; l’uomo è capace di peccare perché cade in un oblio che inverte ciò che il Signore ha creato per l’uomo, cioè gli esseri umani peccano a causa del depotenziamento della loro volontà, perdono, quindi, la loro libertà di compiere il bene e scendono nell’oscurità del male. Spetterà, infine, a Dio stesso decidere la salvezza dell’anima umana: l’uomo sulla terra non può assolutamente influenzare il disegno divino della salvezza, cioè si salva ottenendo la grazia, ma non può con le sue facoltà alterare i progetti trascendenti. Ecco che l’uomo è libero solo di seguire la rettitudine, per il resto, come dirà Lutero molti secoli dopo nel suo “ De Servo Arbitrio” , riprendendo la drammaticità agostiniana, “ L’uomo è l’uomo, e quindi condizionato e dipendente da Dio […] i suoi sforzi e i suoi propositi non servono a nulla, ma la sua salvezza dipende unicamente dalla decisione e dall’azione di Dio”. Con poche parole, si può affermare che nel medioevo il libero arbitrio non esiste, l’uomo è servo della volontà divina ed è libero solamente di compiere ciò che dio gli ha concesso : il bene.
Tutto, però, cambia, quando arrivano gli umanisti, che, definendo oscurantismo il medioevo, portano avanti l’antropocentrismo. L’uomo, così, diventa il padrone dell’universo, colui che con le sue forze intellettive e conoscitive può dominare il mondo. Egli diventa il “ Faber ipsius fortunae”, cioè l’artefice del proprio destino , colui che “ fa e determina la storia”, come, appunto, afferma il grande studioso Eugenio Garin: “ Quei settecento anni di tenebre […] in cui sembrava affievolita la consapevolezza della storia come farsi umano. La scoperta del mondo antico e la scoperta dell’uomo significò senso dell’opera terrena e della responsabilità” . Requisito fondamentale delle proprie facoltà è il libero arbitrio, cioè l’autonomia individuale di scelta.
Tutto questo porta a essere in contrasto con Dio? No, perché, concentrandosi sull’essere umano, si va a creare un nuovo rapporto con la divinità, la cosiddetta “ Devotio moderna”. Essa consiste in un legame più diretto e intimo con Dio, che non è più il Dio giustiziere Agostiniano-Luterano, bensì è colui che ha concesso la libertà, intesa come autonomia decisionale.
Dio ha posto l’uomo al centro del mondo per permettergli di contemplare tutto quanto e ha posto nelle sue mani l’arbitrio, ciò significa, quindi, che l’essere umano ora potrà scegliere se compiere il bene oppure degenerare. Questo importantissimo concetto, novità assoluta del pensiero umanista, lo si può spiegare meglio, citando un passo della “Creazione dell’uomo”, contenuto nella "Dignità dell'uomo" di Giovanni Pico della Mirandola: "Adamo, non ti diedi una stabile dimora, né un'immagine propria, né alcuna peculiare prerogativa, perché tu devi avere e possedere secondo il tuo voto e la tua volontà quella dimora, quell'immagine, quella prerogativa che avrai scelto da te stesso”. Avendo l’uomo acquisito il libero arbitrio tanto desiderato , ora ha in mano il proprio destino, la propio vita.
Però ci si pone davanti un ulteriore interrogativo : Di chi è la responsabilità delle disgrazie umane? Gli uomini di quel tempo affermavano che la colpa della loro rovina, fosse una forza esterna, la fortuna. Gli umanisti, però, controbbattevano affermando che gli uomini che si lasciano “sballottare” dalle onde tempestote della fortuna sono stolti, loro stessi si sono gettati in quel mare in burrasca a causa della loro incapacità di decisione. All’interno di una libertà, in cui l’uomo decide di se stesso, bisogna salire sul carro dei vincitori,collaborando col proprio destino, e non si deve assolutamente essere schiavi del carro della fortuna. Gli umanisti, difatti, non negavano la sua esistenza, solo pensavano che essa non avesse il potere di “ Vincere chi non voglia essere vinto . Tiene gioco la fortuna solo a chi se gli sottomette”, come decanta con chiarezza Leon Battista Alberti nei sui “Libri della Famiglia”. Quindi le grandi e potentissime facoltà umane, l’operosità, la saggezza delle decisioni e la scrupolosità di eseguirle portano l’uomo a compiere, direbbe Agostino, il bene, contrariamente chi non usa le proprie armi e si lascia persuadere dalla cattivere, dal piacere incontrollato e dall’avidità demoliscono tutto ciò che è stabile, cadendo nelle mani della fortuna, compiendo quindi quel traviamento che , sempre Agostino, definirebbe il male. Una volta caduto in quelle onde , però, l’uomo può, grazie alle proprie opere, ritornare ai retti desideri che ornano l’animo umano. Tutto ciò viene consolidato nella dottrina di Erasmo Da Rotterdam, padre della “ Devotio Moderna” intitolato “ De Libero Arbitrio”, nella quale, con la sua libertà di scelta, l’uomo collabora alla realizzazione della propria salvezza.
Volendo concludere questa riflessione sul concetto di libertà durante il Medioevo e l’umanesimo, si può finalmente fornire una risposta legittima al quesito che il nostro ipotetico libro delle “ cento domande” aveva proposto. Essa sarà senza alcuna ombra di dubbio affermativa: L’uomo è libero di scegliere, e la libertà si può configurare con il libero arbitrio, ma egli deve stare attento a usare nel giusto modo il proprio ingegno in modo da non degenerare. Questo importantissimo concetto deriva da un lungo percorso che vede nella drammaticità della condizione umana corrotta dal peccato il primo passo verso la rivalutazione delle capacità umane. La moderna libertà si basa dunque su un radicale cambiamento di pensiero; senza quel medioevo e quell’umanesimo non giungeremo mai dove ora la libertà è arrivata.
BIBLIOGRAFIA:
Joseph Lortz e Erwin Iserloch “ Storia della riforma ” il Mulino , Bologna 1974, PP.97-104;
Eugenio Garin “L’umanesimo Italiano” (1952), Laterza, Bari-Roma, 1994 PP. 19-22:
Giovanni Pico della Mirandola “ La dignità dell’uomo” ed.libera;
Leon Battista Alberti “ Libri della famiglia “ Prologo 39-253
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