ESCE IL PROMETEO CARTACEO!
ti aspettiamo domani a scuola al primo e
secondo intervallo per l'ultima
edizione dell'anno!
Prometeo Giornalino del Galvani
martedì 14 maggio 2013
domenica 17 marzo 2013
Utopia
di Claudia Ansaloni
Eravamo cento nel battaglione Totengeschichte. Durante gli
allenamenti ci muovevamo a cerchi, intonando nenie ben ritmate e
senza alcuna polifonia di fondo. I nostri passi solcavano la neve
alta fino al ginocchio con la stessa cadenza con cui mesi dopo
aravano i campi; ci avevano abituati a camminare a piedi nudi fra le
stoppie e a pestare i prati nei temporali estivi ingrassati dai gelsi
e dai lombrichi. Così, con la maturità, passavamo periodi
discontinui nell’arma, tra i cicli di lezione e le festività dello
stato. Ricordo quell’età con dolcezza e malinconia.
La scuola si spostava di mese in mese per tutta l’Europa. Lo stato
a quel tempo godeva della floridità dei suoi primi giorni di vita.
Ci spostavamo dalle aule fredde degli antichi monasteri alle rovine
di ferro delle fabbriche. Quando ce n’era la possibilità, il
nostro gruppo si mescolava con altri gruppi che circolavano in quelle
regioni e organizzavamo insieme le lezioni. Per tredici anni le
ragazze viaggiavano separate, ma poi, compiuti i quattordici, ci
mescolavamo, avendo seguito un’educazione dai modi diversi ma con
gli stessi obiettivi. Da quel momento si iniziava ad abitare con
frequenza nelle città, che si popolavano dei nostri lamenti, dei
nostri sogni e delle nostre scorribande. Quelli che una volta erano i
musei postmoderni, bianche balene arenate sul cemento, erano stati
vuotati e adibiti a discoteche, nei quali, dopo i diciassette anni,
potevamo ballare e celebrare la notte. Gli oggetti d’arte erano
tornati agli ambienti che li avevano incubati, palazzi, soffitte,
giardini, le esedre scure delle cappelle di famiglia nelle chiese, i
balconi aperti sui colli. Tutto, del resto, era stato strappato alla
proprietà privata ed ripensato perché il nostro occhio se ne
potesse accrescere, alimentare. Sin da quando entravamo nel percorso
di educazione voluto dallo stato infatti, prima, cioè, che noi
nascessimo, dovevamo connaturarci ai luoghi evocativi della storia
dell’Europa, in modo che essa fosse sempre palpitante, scalciante
di vita. Dovevamo studiare all’aria aperta, conoscere i boschi
delle battaglie centenarie, battere con scrupolo i confini passati
dei fiumi, fiutare il prurito dell’aria nordica, e sorseggiare i
liquori dell’afa meridionale. E soffiare sui libri delle
biblioteche secolari, ripassare angosciati, senza poter eppure
evitare di distrarci, sotto la luce nelle cattedrali, poter
scambiare aneddoti ed esperienze con classi di ogni cultura nazionale
ed età, sperimentare per necessità le lingue, ci rendeva partecipi
di un’esperienza eccellente di studio comune a tutti i giovani
europei. Le materie di base erano sette: matematica, musica, fisica,
biologia – e un particolare rilievo era posto alla genetica -,
storia, letteratura e retorica. La storiain particolare, e questo fu
un aspetto cardinale per la solidità stessa dello stato, faceva
confluire i rami dello spirito e della tecnica in un unico fusto,
cosicchè contemporaneamente dissertavamo sui filosofi e
dissezionavamo l’innesco della polvere da sparo. Infatti, lo stato
si reggeva sull’unione di due moti del carattere europeo, l’ingegno
pratico e l’amore contemplativo, che qualche vecchio spocchioso
voleva separati, ma che lo stato vedeva funzionanti come due timpani
ai lati di una testa. Nella letteratura, inebriante era lo spazio
dedicato alle parole religiose, specialmente quando capitava di
ascoltarle sul riflusso di una spiaggia o nel chiacchiericcio serale
dei grilli l’estate; leggevamo la Bibbia integralmente e tutti i
miti pagani, nonché qualunque brano coranico ci consigliassero i
nostri compagni musulmani. Della retorica poi, erano indispensabili
gli anni della grammatica greca e di quella latina, e l’analisi
filologica dei testi classici. Il senso della misura ti segnava la
vita, come un epitafio.
Nel frattempo marciavamo, imparavamo a condividere le tende e ad
armare le barche.
Noi ragazzi a diciotto anni iniziavamo a prestare servizio
nell’esercito, le ragazze avevano ricevuto invece già sporadici
addestramenti paramilitari, e da allora il loro contributo nel corpo
diveniva volontario. Piuttosto, erano indirizzate a curare la
diplomazia tra le nazioni, ed anche fuori dall’Europa. Della loro
abilità e finezza, così curate dalla loro formazione, ne godevano
le relazioni dell’Alleanza Boreale e gli equilibri con gli altri
popoli del mondo. Allo stesso modo, anche noi dovevamo essere in
grado di rinfrescare in ogni momento i tavoli assembleari con la
nostra presenza, portando acume e prospettive brillanti. Questo
chiedeva lo stato da noi, che maturassimo completi.
Ma poi avvenne quell’episodio che non dimenticherò mai, e che mi
tranciò l’esistenza come un mietitrebbia passa un topolino. Mi
ritrovavo dunque impegnato, appena ventenne, in una missione
politica che doveva placare le inquietanti ombre di una sedizione,
che veniva dal basso, da quelle anime grezze che lo stato aveva
scartato. Esse erano i nostri schiavi, uomini stupidi e insensibili,
che svolgevano compiti ripetitivi o di contatto col denaro - le
pratiche burocratiche, il commercio e l’imprenditoria: mentre noi
cercavamo l’oro più vero, loro fin da adolescenti si erano
rivelati tartufi di quella razza. Erano una massa lercia,
brulicante e in continua riproduzione. Mi avevano dunque convocato a
una riunione del partito, dove discutere sul da farsi.
Si trovava sul relitto si un transatlantico infossato tra le dune di
un lungomare vuoto e bellissimo. Lontano, la linea blu del mare
inscuriva sul giallo da una parte e sul celeste dall’altra. Il sole
era così alto che non potevo vederlo. Dopo una prima discussione,
prendevamo una pausa sul ponte imbiancato di luce. E tutto era gala,
tutto era grazia e bellezza, io nella mia lunga divisa nera, col
teschio che mi rideva sopra la fronte, e i bicchieri che risuonavano
vetro, le onde rosse dei vini, le mie palpebre che si rilassavano
nella calma piatta – e quel mare là in fondo, apollineo e fosco.
Ebbene, lungo il mare c’era una ferrovia.
Ad un certo punto risvegliammo i nostri cannoni presso la plancia,
quando il treno tagliò l’orizzonte. Vidi degli uomini in quella
stringa nera fumante, battere le mani fuori dalle loro sbarre, udii
qualcosa come un urlo, ma non più forte del vento sui bicchieri.
Puntarono i cannoni, e quando il treno ci fu davanti spararono. La
striscia incendiata sfrecciò lungo il mare, mentre le donne ridevano
come angeli, e gli uomini levavano i calici.
Mai vidi una cosa più crudele e più bella.
La guerra poi dei neri d’Africa si mescolò alla nostra, con
l’orrore che ora porterò al camposanto.
sabato 16 marzo 2013
cinema
Hysteria – recensione di Odo Paganelli.
Sono in pochi a sapere che il
vibratore fu inventato quasi per caso da un giovane medico londinese
che, verso la fine dell'Ottocento, curava "manualmente"
donne benestanti e insoddisfatte che si supponevano affette da
isteria e da un suo amico appassionato della neonata scienza
elettrica, l’elettro shock . Ma ora la regista Tanya Wexler a reso
questa storia pubblica e molti ne sono rimasti affascinati.
La commedia è ambientata nella
Londra vittoriana in preda alla rivoluzione industriale del 1880. Il
brillante giovane dottore Mortimer Granville è in cerca di un nuovo
lavoro. Lo trova presso il Dottor Dalrymple, specializzato nel
trattamento dei casi di isteria. Dalrymple convinto del suo metodo
cura le "isteriche" con una terapia scandalosamente
efficace: il "massaggio manuale" sotto le gonne delle sue
pazienti. Il dottore, però, deve lottare contro la fiera
disapprovazione della figlia Charlotte, sostenitrice dei diritti
delle donne. Mortimer decide di affinare il metodo terapeutico:
quando il suo amico Edmund gli rivela il progetto del suo nuovo
spolverino elettrico, gli viene in mente un'idea più che geniale.
Mortimer è inizialmente attratto
dalla figlia più giovane di Dalrymple, Emily (Felicity Jones), ma
è finalmente conquistato l'indipendenza da Charlotte (Maggie
Gyllenhaal – di cui ricordiamo la magistrale interpretazione in
Crazy Heart acanto a Jeff Bridges). La sceneggiatura mostra
goffamente Mortimer e Charlotte come due persone che già sanno di
essere in un tempo rivoluzionario. Per Mortimer, si tratta di una
rivoluzione scientifica (la teoria dei germi e le condizioni
sanitarie) , mentre Charlotte esprime ad alta voce la sua convinzione
che sta vivendo in un’epoca rivoluzionaria per le donne. Il
modo in cui i personaggi discutono sul loro presente, è irreale come
se avessero parlato con qualcuno venuto dal futuro.
Il personaggio di Charlotte è
troppo moderno ed esagerato nei suoi atteggiamenti, secondo me per
evitare la possibile critica che la trama sia troppo maschilista ed
usi il gentil sesso solo come oggetti per la commedia.
Hysteria
è una commedia tipicamente britannica ironica e brillante e come
dicono i titoli di testa "Quanto segue è basato su eventi
realmente accaduti”.
Nel complesso un film semplice con
ritmo allegro con brio che scorre via e la cosa peggiore che puo’
fare e farvi girare gli occhi.
intervista
Intervista a due membri del gruppo Pic
Di
Yvonne Tullini 2^H
Se
avete letto l’ultimo numero del Prometeo, saprete sicuramente che è
nato un nuovo gruppo all’interno del nostro bene amato liceo.In
breve si tratta dell’acrostico di Proposta Informazione e
Confronto, e in occasione di ogni incontro si discute di temi di
attualità. Ecco una doppia intervista, composta da un membro
presente fin dal primo incontro e da un altro, membro ufficiale da
qualche incontro.
D:
Daniele Grillo
M:
Maria Chiara Veronesi
- Come siete venuti a conoscenza del gruppo PIC?
D:
Ne sono venuto a conoscenza tramite la cogestione tenutasi il 30
novembre 2011, in occasione della lezione in aula A1.
M:
Il mio compagno di classe,Daniele Grillo, me ne ha parlato e ha
voluto coinvolgermi e ne sono stata subito entusiasta.
- Che cosa pensate di ottenere partecipandovi?
D:
Ritengo che il gruppo permetta una partecipazione più attiva da
parte degli studenti stessi e che sia un’occasione per cooperare
maggiormente. Inoltre si è in grado di proporre le proprie idee e/o
iniziative e discutere tra studenti.
M:
Penso che sia un modo per venire a conoscenza delle problematiche
della scuola e quindi per cercare di risolvere.
- Apportereste modifiche in quale campo in particolare della politica nazionale, europea e mondiale?
D:
Per quanto riguarda la politica italiana migliorerei il sistema
politico, in un certo senso rendendolo più giovane, e nel campo
europei vorrei più collaborazione tra i paesi che compongono
l’unione europea.
M:
Dal punto di vista italiano, ritengo che ci sia bisogno di un
maggiore interesse verso i giovani e il loro futuro e inoltre favore
l'integrazione politica delle donne.
- Quali sono secondo voi i vantaggi nello svolgere le assemblee d’istituto all’interno dell’istituto stesso, essendo questo uno degli obiettivi principali del gruppo?
D:Sono
convinto che questa modifica ha come risultato una minore spesa
(circa di 1000 euro) e una partecipazione più attiva, in quanto gli
studenti hanno maggiore scelta e possono essi stessi proporre un tema
sul quale discutere.
M:maggiore
scelta delle tematiche, delle attività da poter svolgere e la
possibilità di un dialogo molto più diretto sia fra noi giovani sia
fra professori.
- Quali sono a vostro avviso i vantaggi del booksharing?
D:
Il book sharing consente di rendere attive tutte le biblioteche del
Galvani.
M:
A mio parere permette di migliorare e potenziare lo scambio tra
studenti e sicuramente un notevole risparmio.
- Quali altre obiettivi porreste al gruppo da raggiungere, quindi in quali altri campi approfondireste?
D:
cineforum e attività culturali in modo da coinvolgere gli studenti
della nostra scuola ad un'attività di approfondimento su argomenti
normalmente poco trattati.
M:
vorrei avviare un progetto per sensibilizzare gli studenti alle
problematiche ambientali, impegnandosi in iniziative da proporre in
ambito scolastico.
- In che cosa consiste un banchetto informativo?
D
e M: un punto dove scambiare con gli studenti informazioni su
iniziative, proposte e progetti inerenti al nostro gruppo.
- Siete soddisfatti della modalità con cui vengono affrontate le tematiche proposte dal gruppo oppure vi porreste qualche modifica?
D
e M: siamo pienamente soddisfatti di partecipare a questo gruppo che
riteniamo una fonte di nuove proposte e nuove amicizie, anche se
sarebbe bello una più ampia partecipazione.
- Consiglieresti a tutti una calda partecipazione?
D
e M: assolutamente si, in modo tale da poter provare a migliore il
Galvani sotto molti aspetti e crediamo che nessuno si pentirà della
sua partecipazione.
Voti ai professori
Ecco i voti che sono saltati fuori in un'intervista agli alunni delle classi 3 H, 3 T e 3 I sui professori...
Emanuela Alessandrini (inglese)
3, 8, 8, 8, 6, 7
Falqui Massidda Stefano (filosofia)
10, 9, 9, 9, 8, 10, 9, 9, 8
Coronato Antonio (italiano, latino, geografia)
10
Paola Giacconi (matematica, fisica)
8, 9, 9, 10
Francesca Salvatori (italiano, latino, geografia)
5, 7, 6, 5, 6, 8, 5, 6
Manja Finnberg (tedesco)
7, 7, 7, 7, 4, 4, 7, 6
Riccardo Carli (religione)
9, 10, 10, 10, 8, 8, 9
Michele Tosi (storia dell’arte)
7, 9, 9, 9, 10, 4, 8, 7
Laura Poletti (scienze)
8, 8, 9, 10
Karsten Hoffmann (tedesco)
8, 7, 7, 7, 6, 7, 6, 8
Stefania Bottazzi (educazione fisica)
9, 8, 8, 9, 4, 4, 9, 6
Elisabetta Farneti (italiano, greco, storia, latino, geografia)
9, 9
Annamaria Felisa (scienze)
9, 8, 6, 9
Heriberto Calvello (matematica, fisica)
6, 7, 7, 7 Claudia Rambelli (inglese)
8, 9
Monica Moriconi (spagnolo)
8, 9
di Carlotta Ferri
Musica
Il meglio del peggio
Qualche band italiana che vale la pena conoscere
di Anna Viceconti
Questo articolo
nasce in risposta a tre fenomeni spiacevoli: il mio vicino di casa
che ascolta a ripetizione Ligabue, il Festival di Sanremo e la
classifica “i 100 migliori dischi italiani” pubblicata da Rolling
Stone Italia.
Sembra che tutte
queste persone- i 10 milioni di spettatori incollati a guardare la
farfallina di Belen, quei burloni dei critici musicali e il vicino-
abbiano spento la radio vent’anni fa e non l’abbiano più accesa.
Perché da metà degli anni ’80 in poi il Belpaese Sull’Orlo del
Burrone ha prodotto una serie di band eccezionali, che però hanno
circolato solo sul mercato underground per parecchio tempo. Non
possiamo più permetterci di fare gli alternativi e dichiarare con
candido snobismo che “la musica italiana fa tutta schifo”. Ecco
un piccolo riassunto del meglio che c’è stato dagli anni ’90 ad
oggi a riprova del fatto che, tra i cantautori del premio Tenco ed il
duetto Gigi d’Alessio- Loredana Benson Bertè, c’è di mezzo il
mare.
STORICI(1990-2000)
Nel resto del mondo
impazzavano i Nirvana, i Pearl Jam, i R.E.M.; l’Italia affogava
nella “Milano da bere”. E proprio a Milano nel 1997 esce il
secondo disco in italiano degli Afterhours,
che per molti anni avevano scritto e cantato in inglese. L’album si
intitola Hai
paura del buio?,
ed è un capolavoro sospeso tra il grunge e l’hard rock. Elementi
base: testi poetici e disincantati (Voglio
una pelle splendida
e la mitica Sui
giovani d’oggi ci scatarro su,
dedicata agli pseudo-alternativi-figli di papà che incontriamo tutti
i sabato ai Giardini Margherita), base ritmica potente (Male
di miele, Veleno),
la voce indimenticabile di Agnelli (Come
vorrei).
Nello stesso anno
esce Piccolo
intervento a vivo,
il primo disco dei Tre
Allegri Ragazzi Morti capitanati
dal fumettista Davide Toffolo. Al contrario degli Afterhours i TARM
non pagano tributo a nessuna band grunge, anzi si distaccano dalla
tradizione precedente rendendosi impermeabili ad ogni
generalizzazione. L’album contiene alcuni pezzi fondamentali
(Hollywood
come Roma, Alice in città)
e un elemento che si definirà meglio nella canzone Mai
come voi del
’99: il disagio. Se gli Afterhours colgono l’ipocrisia borghese
delle grandi città, Toffolo e compagni sono i primi a descrivere con
affetto e realismo l’adolescenza, la ferita non rimarginabile tra
padri e figli, la ricerca di identità. Altri pezzi da ascoltare
obbligatoriamente: Il
mondo prima, Ogni adolescenza, Prova a star con me un altro inverno a
Pordenone, La poesia e la merce, La ballata delle ossa.
RECENTI(2000-2010)
Qui abbiamo
veramente l’imbarazzo della scelta. Nel 2002 proprio a Bologna si
formano i Marta
sui Tubi,
degni eredi degli Afterhours ma con qualche elemento rock in più (
l’originalità aritmica di Perché
non pesi niente
e di Cinestetica).
I Marta recuperano il meglio del rock passato (il blues di Vecchi
difetti),
ma anche le loro radici siciliane (il ritmo da tarantella di Di
Vino).
E sempre dalla Sicilia sbocciano i Pan
del Diavolo,
che pubblicano i loro ep con La Tempesta, la casa discografica
indipendente fondata dai Tre Allegri Ragazzi Morti. I Pan del Diavolo
sono taranta in versione rock, con una potenza vocale e melodica
veramente notevole (ascoltatevi Coltiverò
l’ortica, Il Boom, Pertanto
e la nuova Farò
cadere lei).
Ma la rinascita
passa anche e sempre per il Nord: sono di Genova gli Ex-Otago,
che nel 2003 pubblicano The
Chestnuts Times riscoprendo
una cosa chiamata pop. Le canzoni più belle sono però contenute
nell’ultimo album, Mezze
Stagioni:
da Una
vita col riporto
a Figli
degli hamburger
i testi presentano una nazione provinciale ed insoddisfatta, chiusa
in desideri infantili e frustrati. E se quest’ultima frase già vi
fa venire la depressione allora rinunciate ad ascoltare i belli,
incazzatissimi e musicalmente estranianti Ministri:
tutto il disagio sociale che respiriamo in questi anni è un nervo a
fior di pelle per questi ragazzini milanesi, che si sfogano negli
album I
soldi sono finiti, Tempi Bui e
Fuori.
Rimangono impressi nel cervello i versi di Noi
Fuori:
Noi
fuori dai campi dell’orgoglio e dall’ansia di medaglie/Noi fuori
siamo l’acqua sprecata ai confini dei deserti/Fuori dai cortei,
dalla burocrazia, fuori dalle fabbriche e dai musei/E’ dall’alto
che ci sparpagliano, è là in alto che inventano il pericolo/Noi
fuori dalle radio, dai minuti di silenzio,/dai conteggi, dal
consenso, dai sondaggi, dalle scuole di nostro signore,/dalle aiuole,
dai cantieri/Noi fuori non sappiamo cosa fare.
Brividi.
FRESCHISSIMI
(2011-work
in progress):
Continuando sulla
scia del pop i deliziosi Eva
mon amour,
che hanno attirato l’attenzione del pubblico solo nel 2011 con il
disco La
malattia dei numeri:
siamo lontani dal rock dei Marta sui Tubi e più vicini a quegli
scoppiati delle Luci della centrale elettrica. E’ iniziata l’epoca
dei versi lunghissimi e della completa disillusione, e questa band di
Velletri riesce comunque a mantenere l’equilibrio perfetto tra
parole e melodia; vedi le canzoni Prometto,
Il giorno dopo, Tutto quello che vuoi e
la bellissima La
tua rivoluzione.
Ma a mio parere il meglio deve ancora venire e arriva con L’orso,
duo creato da Mattia Barro e Tommaso Spinelli. I ragazzi hanno
pubblicato due ep (L’adolescente
e
La
Provincia)
prima autoprodotti, poi
attraverso
l’etichetta indipendente Garrincha Dischi. Non c’è la rabbia
degli anni precedenti ma una consapevolezza molto più profonda della
situazione in cui stiamo sprofondando (di
cosa vuoi che ti parli che ho poco più di vent'anni?/se alle crisi
mondiali preferisco i tuoi sguardi/se ho appena iniziato la mia
carriera da precario/e non avrò mai te o la mia amata pensione),
e soprattutto c’è una grande inventiva dal punto di vista musicale
(la tromba grandiosa in Invitami
per un tè,
il parlato di Per
quanto lontano abiti).
La chicca finale
arriva da Bologna, e si chiama Lo
stato sociale.
Non sono il solito gruppetto elettronico del cazzo, voci fredde e
testi banali: sono un’esplosione elettro-pop di ironia ( Magari
non è gay ma è aperto, Sono così indie)
e di malcontento (mi
sono rotto il cazzo che non sono d’accordo con te/ma morirei
affinchè tu possa dire la tua stronzata/che poi i nazisti sono
giovani che amano la politica/i comunisti prendono a modello Cristo e
i preti contestualizzano bestemmie, dalla
spassosa Mi
sono rotto il cazzo).
Ascoltatevi anche Amore
ai tempi dell’Ikea
e Abbiamo
vinto la guerra,
scritta in era Berlusconi e che suona come una profezia.
La cosa più
sorprendente? Cercando materiale per l’articolo ero arrivata ad una
ventina di band, ho dovuto eliminarne più della metà per mere
ragioni di spazio. Rimangono fuori i più noti Baustelle e Marlene
Kuntz, il Teatro degli Orrori, gli Zen Circus, i Cani…la buona
musica italiana esiste, l’importante è non smettere di cercarla;
perché, come sempre succede in Italia, il talento viene nascosto e
non valorizzato. Quindi ascoltate e diffondete!
P.S.:
forse lo stesso ragionamento si applica in tutti i campi. Forse
troviamo dieci autisti di autobus che fanno arrivare i mezzi in
orario, dieci vigili che fanno le multe ai Suv in doppia fila, dieci
politici assolutamente onesti. Forse dobbiamo solo cercare.
Hugo Cabret
Perché Johnny Depp nell'Hugo Cabret in 3D di Martin Scorsese?
Odo Paganelli 2H
The invention of Hugo Cabret
Questo film e’ un omaggio degli uomini di
cinema contemporanei a quello straordinario inventore e anticipatore
che fu Georges Méliès (1861-1938).
Méliès è il riconosciuto inventore del
‘cinema di finzione’,
degli ‘effetti speciali’
e di una miriade di tecniche fondamentali del cinema, dal montaggio
all’uso del colore, ottenuto, all’inizio, colorando a mano
i singoli fotogrammi.
Hugo Cabret film di Martin Scorsese prodotto
anche dalla Infinitum Nihil di Johnny Depp, che si ritaglia come
Martin Scorsese un piccolo cammeo all’interno del film , proprio
di Johnny Depp parliamo che non solo è uno dei produttori, ma ha
anche fatto parte delle di un sestetto di chitarre! ( Per
Martin Scorsese vi lascio il piacere di riconoscerlo nel film).
Scritto da John Logan, che ha adattato il
romanzo per ragazzi dell’americano Brian Selznick, di Brian
Selznick, pro-nipote di quel David O. Selznick, produttore di Via
col vento: The
invention of Hugo Cabret è
ambientato nella Parigi degli anni Trenta, un bambino più grande
della sua età sopravvive a stento schivando la vita. E’ il piccolo
orfano Hugo Cabret, che dopo la morte dello zio, manutentore degli
orologi della stazione ferroviaria, è costretto a rubare quanto gli
serve per sopravvivere. Suo padre gli ha lasciato un fantastico
automa trovato nella soffitta di un museo, dimenticato chissà per
quanto tempo e miracolosamente sfuggito all’incendio nel quale
l’uomo ha perso la vita. Tra l’automa da riparare e il ragazzo si
instaura dunque un rapporto tutto speciale, e la missione di Hugo
sembra essere quella di ridare vita a quell’ammasso di complicati
ingranaggi. Ma per farlo funzionare il bambino ha bisogno di
materiali, ed è costretto a rubare pezzi e piccoli ingranaggi che
solo i giocattoli possono contenere. Hugo quindi decide di sottrarli
ad un negozio di giocattoli situato all’interno della stazione, ma
viene scoperto dall’anziano proprietario e da
quell’incontro-scontro iniziano una serie di fatti legati l’uno
all’altro proprio come in un intricato ingranaggio. Entrano nella
storia altri interessanti personaggi, una ragazzina sveglia, nipote
del giocattolaio, un fantomatico amico, l’ispettore ferroviario e
lui: il cinema, con tutta la sua straordinaria magia evocativa…
Per Scorsese, è stato l'occasione per rendere
omaggio alla fonte di illusionismo intrinseca del cinema, con la
novità del 3D contribuisce a far riprovare al pubblico moderno il
ritorno al senso di meraviglia, una volta ispirato dai l film di
Méliès. Il 3D sarà il cinema di domani sarà stereoscopico - e
olografico, e interattivo?
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