martedì 14 maggio 2013

         ESCE IL PROMETEO CARTACEO!

       ti aspettiamo domani a scuola al primo e         
                            secondo intervallo per l'ultima                       
                                                   edizione dell'anno!

domenica 17 marzo 2013



                           Utopia


di Claudia Ansaloni

 Eravamo cento nel battaglione Totengeschichte. Durante gli allenamenti ci muovevamo a cerchi, intonando nenie ben ritmate e senza alcuna polifonia di fondo. I nostri passi solcavano la neve alta fino al ginocchio con la stessa cadenza con cui mesi dopo aravano i campi; ci avevano abituati a camminare a piedi nudi fra le stoppie e a pestare i prati nei temporali estivi ingrassati dai gelsi e dai lombrichi. Così, con la maturità, passavamo periodi discontinui nell’arma, tra i cicli di lezione e le festività dello stato. Ricordo quell’età con dolcezza e malinconia.

La scuola si spostava di mese in mese per tutta l’Europa. Lo stato a quel tempo godeva della floridità dei suoi primi giorni di vita. Ci spostavamo dalle aule fredde degli antichi monasteri alle rovine di ferro delle fabbriche. Quando ce n’era la possibilità, il nostro gruppo si mescolava con altri gruppi che circolavano in quelle regioni e organizzavamo insieme le lezioni. Per tredici anni le ragazze viaggiavano separate, ma poi, compiuti i quattordici, ci mescolavamo, avendo seguito un’educazione dai modi diversi ma con gli stessi obiettivi. Da quel momento si iniziava ad abitare con frequenza nelle città, che si popolavano dei nostri lamenti, dei nostri sogni e delle nostre scorribande. Quelli che una volta erano i musei postmoderni, bianche balene arenate sul cemento, erano stati vuotati e adibiti a discoteche, nei quali, dopo i diciassette anni, potevamo ballare e celebrare la notte. Gli oggetti d’arte erano tornati agli ambienti che li avevano incubati, palazzi, soffitte, giardini, le esedre scure delle cappelle di famiglia nelle chiese, i balconi aperti sui colli. Tutto, del resto, era stato strappato alla proprietà privata ed ripensato perché il nostro occhio se ne potesse accrescere, alimentare. Sin da quando entravamo nel percorso di educazione voluto dallo stato infatti, prima, cioè, che noi nascessimo, dovevamo connaturarci ai luoghi evocativi della storia dell’Europa, in modo che essa fosse sempre palpitante, scalciante di vita. Dovevamo studiare all’aria aperta, conoscere i boschi delle battaglie centenarie, battere con scrupolo i confini passati dei fiumi, fiutare il prurito dell’aria nordica, e sorseggiare i liquori dell’afa meridionale. E soffiare sui libri delle biblioteche secolari, ripassare angosciati, senza poter eppure evitare di distrarci, sotto la luce nelle cattedrali, poter scambiare aneddoti ed esperienze con classi di ogni cultura nazionale ed età, sperimentare per necessità le lingue, ci rendeva partecipi di un’esperienza eccellente di studio comune a tutti i giovani europei. Le materie di base erano sette: matematica, musica, fisica, biologia – e un particolare rilievo era posto alla genetica -, storia, letteratura e retorica. La storiain particolare, e questo fu un aspetto cardinale per la solidità stessa dello stato, faceva confluire i rami dello spirito e della tecnica in un unico fusto, cosicchè contemporaneamente dissertavamo sui filosofi e dissezionavamo l’innesco della polvere da sparo. Infatti, lo stato si reggeva sull’unione di due moti del carattere europeo, l’ingegno pratico e l’amore contemplativo, che qualche vecchio spocchioso voleva separati, ma che lo stato vedeva funzionanti come due timpani ai lati di una testa. Nella letteratura, inebriante era lo spazio dedicato alle parole religiose, specialmente quando capitava di ascoltarle sul riflusso di una spiaggia o nel chiacchiericcio serale dei grilli l’estate; leggevamo la Bibbia integralmente e tutti i miti pagani, nonché qualunque brano coranico ci consigliassero i nostri compagni musulmani. Della retorica poi, erano indispensabili gli anni della grammatica greca e di quella latina, e l’analisi filologica dei testi classici. Il senso della misura ti segnava la vita, come un epitafio.
Nel frattempo marciavamo, imparavamo a condividere le tende e ad armare le barche.
Noi ragazzi a diciotto anni iniziavamo a prestare servizio nell’esercito, le ragazze avevano ricevuto invece già sporadici addestramenti paramilitari, e da allora il loro contributo nel corpo diveniva volontario. Piuttosto, erano indirizzate a curare la diplomazia tra le nazioni, ed anche fuori dall’Europa. Della loro abilità e finezza, così curate dalla loro formazione, ne godevano le relazioni dell’Alleanza Boreale e gli equilibri con gli altri popoli del mondo. Allo stesso modo, anche noi dovevamo essere in grado di rinfrescare in ogni momento i tavoli assembleari con la nostra presenza, portando acume e prospettive brillanti. Questo chiedeva lo stato da noi, che maturassimo completi.

Ma poi avvenne quell’episodio che non dimenticherò mai, e che mi tranciò l’esistenza come un mietitrebbia passa un topolino. Mi ritrovavo dunque impegnato, appena ventenne, in una missione politica che doveva placare le inquietanti ombre di una sedizione, che veniva dal basso, da quelle anime grezze che lo stato aveva scartato. Esse erano i nostri schiavi, uomini stupidi e insensibili, che svolgevano compiti ripetitivi o di contatto col denaro - le pratiche burocratiche, il commercio e l’imprenditoria: mentre noi cercavamo l’oro più vero, loro fin da adolescenti si erano rivelati tartufi di quella razza. Erano una massa lercia, brulicante e in continua riproduzione. Mi avevano dunque convocato a una riunione del partito, dove discutere sul da farsi.
Si trovava sul relitto si un transatlantico infossato tra le dune di un lungomare vuoto e bellissimo. Lontano, la linea blu del mare inscuriva sul giallo da una parte e sul celeste dall’altra. Il sole era così alto che non potevo vederlo. Dopo una prima discussione, prendevamo una pausa sul ponte imbiancato di luce. E tutto era gala, tutto era grazia e bellezza, io nella mia lunga divisa nera, col teschio che mi rideva sopra la fronte, e i bicchieri che risuonavano vetro, le onde rosse dei vini, le mie palpebre che si rilassavano nella calma piatta – e quel mare là in fondo, apollineo e fosco.
Ebbene, lungo il mare c’era una ferrovia.
Ad un certo punto risvegliammo i nostri cannoni presso la plancia, quando il treno tagliò l’orizzonte. Vidi degli uomini in quella stringa nera fumante, battere le mani fuori dalle loro sbarre, udii qualcosa come un urlo, ma non più forte del vento sui bicchieri. Puntarono i cannoni, e quando il treno ci fu davanti spararono. La striscia incendiata sfrecciò lungo il mare, mentre le donne ridevano come angeli, e gli uomini levavano i calici.
Mai vidi una cosa più crudele e più bella.

La guerra poi dei neri d’Africa si mescolò alla nostra, con l’orrore che ora porterò al camposanto.




sabato 16 marzo 2013

cinema


Hysteria – recensione di Odo Paganelli.


Sono in pochi a sapere che il vibratore fu inventato quasi per caso da un giovane medico londinese che, verso la fine dell'Ottocento, curava "manualmente" donne benestanti e insoddisfatte che si supponevano affette da isteria e da un suo amico appassionato della neonata scienza elettrica, l’elettro shock . Ma ora la regista Tanya Wexler a reso questa storia pubblica e molti ne sono rimasti affascinati.
La commedia è ambientata nella Londra vittoriana in preda alla rivoluzione industriale del 1880. Il brillante giovane dottore Mortimer Granville è in cerca di un nuovo lavoro. Lo trova presso il Dottor Dalrymple, specializzato nel trattamento dei casi di isteria. Dalrymple convinto del suo metodo cura le "isteriche" con una terapia scandalosamente efficace: il "massaggio manuale" sotto le gonne delle sue pazienti. Il dottore, però, deve lottare contro la fiera disapprovazione della figlia Charlotte, sostenitrice dei diritti delle donne. Mortimer decide di affinare il metodo terapeutico: quando il suo amico Edmund gli rivela il progetto del suo nuovo spolverino elettrico, gli viene in mente un'idea più che geniale.
Mortimer è inizialmente attratto dalla figlia più giovane di Dalrymple, Emily (Felicity Jones), ma è finalmente conquistato l'indipendenza da Charlotte (Maggie Gyllenhaal – di cui ricordiamo la magistrale interpretazione in Crazy Heart acanto a Jeff Bridges). La sceneggiatura mostra goffamente Mortimer e Charlotte come due persone che già sanno di essere in un tempo rivoluzionario. Per Mortimer, si tratta di una rivoluzione scientifica (la teoria dei germi e le condizioni sanitarie) , mentre Charlotte esprime ad alta voce la sua convinzione che sta vivendo in un’epoca rivoluzionaria per le donne. Il modo in cui i personaggi discutono sul loro presente, è irreale come se avessero parlato con qualcuno venuto dal futuro.
Il personaggio di Charlotte è troppo moderno ed esagerato nei suoi atteggiamenti, secondo me per evitare la possibile critica che la trama sia troppo maschilista ed usi il gentil sesso solo come oggetti per la commedia.

Hysteria è una commedia tipicamente britannica ironica e brillante e come dicono i titoli di testa "Quanto segue è basato su eventi realmente accaduti”.
Nel complesso un film semplice con ritmo allegro con brio che scorre via e la cosa peggiore che puo’ fare e farvi girare gli occhi.

intervista


Intervista a due membri del gruppo Pic

Di Yvonne Tullini 2^H

Se avete letto l’ultimo numero del Prometeo, saprete sicuramente che è nato un nuovo gruppo all’interno del nostro bene amato liceo.In breve si tratta dell’acrostico di Proposta Informazione e Confronto, e in occasione di ogni incontro si discute di temi di attualità. Ecco una doppia intervista, composta da un membro presente fin dal primo incontro e da un altro, membro ufficiale da qualche incontro.

D: Daniele Grillo
M: Maria Chiara Veronesi

  1. Come siete venuti a conoscenza del gruppo PIC?

D: Ne sono venuto a conoscenza tramite la cogestione tenutasi il 30 novembre 2011, in occasione della lezione in aula A1.
M: Il mio compagno di classe,Daniele Grillo, me ne ha parlato e ha voluto coinvolgermi e ne sono stata subito entusiasta.

  1. Che cosa pensate di ottenere partecipandovi?

D: Ritengo che il gruppo permetta una partecipazione più attiva da parte degli studenti stessi e che sia un’occasione per cooperare maggiormente. Inoltre si è in grado di proporre le proprie idee e/o iniziative e discutere tra studenti.
M: Penso che sia un modo per venire a conoscenza delle problematiche della scuola e quindi per cercare di risolvere.

  1. Apportereste modifiche in quale campo in particolare della politica nazionale, europea e mondiale?

D: Per quanto riguarda la politica italiana migliorerei il sistema politico, in un certo senso rendendolo più giovane, e nel campo europei vorrei più collaborazione tra i paesi che compongono l’unione europea.
M: Dal punto di vista italiano, ritengo che ci sia bisogno di un maggiore interesse verso i giovani e il loro futuro e inoltre favore l'integrazione politica delle donne.

  1. Quali sono secondo voi i vantaggi nello svolgere le assemblee d’istituto all’interno dell’istituto stesso, essendo questo uno degli obiettivi principali del gruppo?

D:Sono convinto che questa modifica ha come risultato una minore spesa (circa di 1000 euro) e una partecipazione più attiva, in quanto gli studenti hanno maggiore scelta e possono essi stessi proporre un tema sul quale discutere.
M:maggiore scelta delle tematiche, delle attività da poter svolgere e la possibilità di un dialogo molto più diretto sia fra noi giovani sia fra professori.

  1. Quali sono a vostro avviso i vantaggi del booksharing?

D: Il book sharing consente di rendere attive tutte le biblioteche del Galvani.
M: A mio parere permette di migliorare e potenziare lo scambio tra studenti e sicuramente un notevole risparmio.

  1. Quali altre obiettivi porreste al gruppo da raggiungere, quindi in quali altri campi approfondireste?

D: cineforum e attività culturali in modo da coinvolgere gli studenti della nostra scuola ad un'attività di approfondimento su argomenti normalmente poco trattati.
M: vorrei avviare un progetto per sensibilizzare gli studenti alle problematiche ambientali, impegnandosi in iniziative da proporre in ambito scolastico.

  1. In che cosa consiste un banchetto informativo?
D e M: un punto dove scambiare con gli studenti informazioni su iniziative, proposte e progetti inerenti al nostro gruppo.

  1. Siete soddisfatti della modalità con cui vengono affrontate le tematiche proposte dal gruppo oppure vi porreste qualche modifica?

D e M: siamo pienamente soddisfatti di partecipare a questo gruppo che riteniamo una fonte di nuove proposte e nuove amicizie, anche se sarebbe bello una più ampia partecipazione.

  1. Consiglieresti a tutti una calda partecipazione?

D e M: assolutamente si, in modo tale da poter provare a migliore il Galvani sotto molti aspetti e crediamo che nessuno si pentirà della sua partecipazione. 

Voti ai professori


Ecco i voti  che sono saltati fuori in un'intervista agli alunni delle classi 3 H, 3 T e 3 I sui professori...


Emanuela Alessandrini (inglese) 
3, 8, 8, 8, 6, 7 
Falqui Massidda Stefano (filosofia) 
10, 9, 9, 9, 8, 10, 9, 9, 8 
Coronato Antonio (italiano, latino, geografia) 
10 
Paola Giacconi (matematica, fisica) 
8, 9, 9, 10 
Francesca Salvatori (italiano, latino, geografia) 
5, 7, 6, 5, 6, 8, 5, 6 
Manja Finnberg (tedesco) 
7, 7, 7, 7, 4, 4, 7, 6 
Riccardo Carli (religione) 
9, 10, 10, 10, 8, 8, 9 
Michele Tosi (storia dell’arte) 
7, 9, 9, 9, 10, 4, 8, 7 
Laura Poletti (scienze) 
8, 8, 9, 10 
Karsten Hoffmann (tedesco) 
8, 7, 7, 7, 6, 7, 6, 8 
Stefania Bottazzi (educazione fisica) 
9, 8, 8, 9, 4, 4, 9, 6 
Elisabetta Farneti (italiano, greco, storia, latino, geografia) 
9, 9 
Annamaria Felisa (scienze) 
9, 8, 6, 9 
Heriberto Calvello (matematica, fisica) 
6, 7, 7, 7 Claudia Rambelli (inglese) 
8, 9 
Monica Moriconi (spagnolo) 
8, 9 

di Carlotta Ferri

Musica


Il meglio del peggio

Qualche band italiana che vale la pena conoscere

di Anna Viceconti


Questo articolo nasce in risposta a tre fenomeni spiacevoli: il mio vicino di casa che ascolta a ripetizione Ligabue, il Festival di Sanremo e la classifica “i 100 migliori dischi italiani” pubblicata da Rolling Stone Italia.
Sembra che tutte queste persone- i 10 milioni di spettatori incollati a guardare la farfallina di Belen, quei burloni dei critici musicali e il vicino- abbiano spento la radio vent’anni fa e non l’abbiano più accesa. Perché da metà degli anni ’80 in poi il Belpaese Sull’Orlo del Burrone ha prodotto una serie di band eccezionali, che però hanno circolato solo sul mercato underground per parecchio tempo. Non possiamo più permetterci di fare gli alternativi e dichiarare con candido snobismo che “la musica italiana fa tutta schifo”. Ecco un piccolo riassunto del meglio che c’è stato dagli anni ’90 ad oggi a riprova del fatto che, tra i cantautori del premio Tenco ed il duetto Gigi d’Alessio- Loredana Benson Bertè, c’è di mezzo il mare.

STORICI(1990-2000)
Nel resto del mondo impazzavano i Nirvana, i Pearl Jam, i R.E.M.; l’Italia affogava nella “Milano da bere”. E proprio a Milano nel 1997 esce il secondo disco in italiano degli Afterhours, che per molti anni avevano scritto e cantato in inglese. L’album si intitola Hai paura del buio?, ed è un capolavoro sospeso tra il grunge e l’hard rock. Elementi base: testi poetici e disincantati (Voglio una pelle splendida e la mitica Sui giovani d’oggi ci scatarro su, dedicata agli pseudo-alternativi-figli di papà che incontriamo tutti i sabato ai Giardini Margherita), base ritmica potente (Male di miele, Veleno), la voce indimenticabile di Agnelli (Come vorrei).
Nello stesso anno esce Piccolo intervento a vivo, il primo disco dei Tre Allegri Ragazzi Morti capitanati dal fumettista Davide Toffolo. Al contrario degli Afterhours i TARM non pagano tributo a nessuna band grunge, anzi si distaccano dalla tradizione precedente rendendosi impermeabili ad ogni generalizzazione. L’album contiene alcuni pezzi fondamentali (Hollywood come Roma, Alice in città) e un elemento che si definirà meglio nella canzone Mai come voi del ’99: il disagio. Se gli Afterhours colgono l’ipocrisia borghese delle grandi città, Toffolo e compagni sono i primi a descrivere con affetto e realismo l’adolescenza, la ferita non rimarginabile tra padri e figli, la ricerca di identità. Altri pezzi da ascoltare obbligatoriamente: Il mondo prima, Ogni adolescenza, Prova a star con me un altro inverno a Pordenone, La poesia e la merce, La ballata delle ossa.
RECENTI(2000-2010)
Qui abbiamo veramente l’imbarazzo della scelta. Nel 2002 proprio a Bologna si formano i Marta sui Tubi, degni eredi degli Afterhours ma con qualche elemento rock in più ( l’originalità aritmica di Perché non pesi niente e di Cinestetica). I Marta recuperano il meglio del rock passato (il blues di Vecchi difetti), ma anche le loro radici siciliane (il ritmo da tarantella di Di Vino). E sempre dalla Sicilia sbocciano i Pan del Diavolo, che pubblicano i loro ep con La Tempesta, la casa discografica indipendente fondata dai Tre Allegri Ragazzi Morti. I Pan del Diavolo sono taranta in versione rock, con una potenza vocale e melodica veramente notevole (ascoltatevi Coltiverò l’ortica, Il Boom, Pertanto e la nuova Farò cadere lei).
Ma la rinascita passa anche e sempre per il Nord: sono di Genova gli Ex-Otago, che nel 2003 pubblicano The Chestnuts Times riscoprendo una cosa chiamata pop. Le canzoni più belle sono però contenute nell’ultimo album, Mezze Stagioni: da Una vita col riporto a Figli degli hamburger i testi presentano una nazione provinciale ed insoddisfatta, chiusa in desideri infantili e frustrati. E se quest’ultima frase già vi fa venire la depressione allora rinunciate ad ascoltare i belli, incazzatissimi e musicalmente estranianti Ministri: tutto il disagio sociale che respiriamo in questi anni è un nervo a fior di pelle per questi ragazzini milanesi, che si sfogano negli album I soldi sono finiti, Tempi Bui e Fuori. Rimangono impressi nel cervello i versi di Noi Fuori: Noi fuori dai campi dell’orgoglio e dall’ansia di medaglie/Noi fuori siamo l’acqua sprecata ai confini dei deserti/Fuori dai cortei, dalla burocrazia, fuori dalle fabbriche e dai musei/E’ dall’alto che ci sparpagliano, è là in alto che inventano il pericolo/Noi fuori dalle radio, dai minuti di silenzio,/dai conteggi, dal consenso, dai sondaggi, dalle scuole di nostro signore,/dalle aiuole, dai cantieri/Noi fuori non sappiamo cosa fare. Brividi.
FRESCHISSIMI (2011-work in progress):
Continuando sulla scia del pop i deliziosi Eva mon amour, che hanno attirato l’attenzione del pubblico solo nel 2011 con il disco La malattia dei numeri: siamo lontani dal rock dei Marta sui Tubi e più vicini a quegli scoppiati delle Luci della centrale elettrica. E’ iniziata l’epoca dei versi lunghissimi e della completa disillusione, e questa band di Velletri riesce comunque a mantenere l’equilibrio perfetto tra parole e melodia; vedi le canzoni Prometto, Il giorno dopo, Tutto quello che vuoi e la bellissima La tua rivoluzione. Ma a mio parere il meglio deve ancora venire e arriva con L’orso, duo creato da Mattia Barro e Tommaso Spinelli. I ragazzi hanno pubblicato due ep (L’adolescente e La Provincia) prima autoprodotti, poi attraverso l’etichetta indipendente Garrincha Dischi. Non c’è la rabbia degli anni precedenti ma una consapevolezza molto più profonda della situazione in cui stiamo sprofondando (di cosa vuoi che ti parli che ho poco più di vent'anni?/se alle crisi mondiali preferisco i tuoi sguardi/se ho appena iniziato la mia carriera da precario/e non avrò mai te o la mia amata pensione), e soprattutto c’è una grande inventiva dal punto di vista musicale (la tromba grandiosa in Invitami per un tè, il parlato di Per quanto lontano abiti).
La chicca finale arriva da Bologna, e si chiama Lo stato sociale. Non sono il solito gruppetto elettronico del cazzo, voci fredde e testi banali: sono un’esplosione elettro-pop di ironia ( Magari non è gay ma è aperto, Sono così indie) e di malcontento (mi sono rotto il cazzo che non sono d’accordo con te/ma morirei affinchè tu possa dire la tua stronzata/che poi i nazisti sono giovani che amano la politica/i comunisti prendono a modello Cristo e i preti contestualizzano bestemmie, dalla spassosa Mi sono rotto il cazzo). Ascoltatevi anche Amore ai tempi dell’Ikea e Abbiamo vinto la guerra, scritta in era Berlusconi e che suona come una profezia.

La cosa più sorprendente? Cercando materiale per l’articolo ero arrivata ad una ventina di band, ho dovuto eliminarne più della metà per mere ragioni di spazio. Rimangono fuori i più noti Baustelle e Marlene Kuntz, il Teatro degli Orrori, gli Zen Circus, i Cani…la buona musica italiana esiste, l’importante è non smettere di cercarla; perché, come sempre succede in Italia, il talento viene nascosto e non valorizzato. Quindi ascoltate e diffondete!

P.S.: forse lo stesso ragionamento si applica in tutti i campi. Forse troviamo dieci autisti di autobus che fanno arrivare i mezzi in orario, dieci vigili che fanno le multe ai Suv in doppia fila, dieci politici assolutamente onesti. Forse dobbiamo solo cercare.

Hugo Cabret


Perché Johnny Depp nell'Hugo Cabret in 3D di Martin Scorsese?

Odo Paganelli 2H


The invention of Hugo Cabret
Questo film e’ un omaggio degli uomini di cinema contemporanei a quello straordinario inventore e anticipatore che fu Georges Méliès (1861-1938).
Méliès è il riconosciuto inventore del ‘cinema di finzione’, degli ‘effetti speciali’ e di una miriade di tecniche fondamentali del cinema, dal montaggio all’uso del colore, ottenuto, all’inizio,  colorando a mano i singoli fotogrammi.
Hugo Cabret film di Martin Scorsese prodotto anche dalla Infinitum Nihil di Johnny Depp, che si ritaglia come Martin Scorsese un piccolo cammeo all’interno del film , proprio di Johnny Depp parliamo che non solo è uno dei produttori, ma ha anche fatto parte delle di un sestetto di chitarre! ( Per Martin Scorsese vi lascio il piacere di riconoscerlo nel film).
Scritto da John Logan, che ha adattato il romanzo per ragazzi dell’americano Brian Selznick, di Brian Selznick, pro-nipote di quel David O. Selznick, produttore di Via col vento: The invention of Hugo Cabret è ambientato nella Parigi degli anni Trenta, un bambino più grande della sua età sopravvive a stento schivando la vita. E’ il piccolo orfano Hugo Cabret, che dopo la morte dello zio, manutentore degli orologi della stazione ferroviaria, è costretto a rubare quanto gli serve per sopravvivere. Suo padre gli ha lasciato un fantastico automa trovato nella soffitta di un museo, dimenticato chissà per quanto tempo e miracolosamente sfuggito all’incendio nel quale l’uomo ha perso la vita. Tra l’automa da riparare e il ragazzo si instaura dunque un rapporto tutto speciale, e la missione di Hugo sembra essere quella di ridare vita a quell’ammasso di complicati ingranaggi. Ma per farlo funzionare il bambino ha bisogno di materiali, ed è costretto a rubare pezzi e piccoli ingranaggi che solo i giocattoli possono contenere. Hugo quindi decide di sottrarli ad un negozio di giocattoli situato all’interno della stazione, ma viene scoperto dall’anziano proprietario e da quell’incontro-scontro iniziano una serie di fatti legati l’uno all’altro proprio come in un intricato ingranaggio. Entrano nella storia altri interessanti personaggi, una ragazzina sveglia, nipote del giocattolaio, un fantomatico amico, l’ispettore ferroviario e lui: il cinema, con tutta la sua straordinaria magia evocativa…
Per Scorsese, è stato l'occasione per rendere omaggio alla fonte di illusionismo intrinseca del cinema, con la novità del 3D contribuisce a far riprovare al pubblico moderno il ritorno al senso di meraviglia, una volta ispirato dai l film di Méliès. Il 3D sarà il cinema di domani sarà stereoscopico - e olografico, e interattivo?